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martedì 14 agosto 2007

casa per i trans

BOLOGNA — Il Comune di Bologna potrebbe avviare un’esperienza pilota a livello nazionale: una casa per accogliere e aiutare anche con un lavoro i trans che vogliono sottrarsi alla strada e allo sfruttamento. La richiesta viene dal Mit, il Movimento italiano transessuali, che ha proposto un progetto che dovrà essere esaminato dagli assessorati competenti. Il Corriere di Bologna, che anticipa l’iniziativa finora rimasta riservata, riferisce che la vice sindaco Adriana Scaramuzzino, con delega alle politiche sociali, si appresta ad approfondire lo studio del progetto. Negli ambienti comunali la proposta verrà presa in attenta considerazione, anche perché esiste già un sostegno organizzato per le donne che vogliono uscire dalla prostituzione.
È facile immaginare che quest’argomento sarà oggetto di nuove polemiche in una città che nei giorni scorsi si è divisa sull’orientamento espresso da Libero Mancuso, autorevole esponente di giunta con competenze sulla sicurezza, il quale ha proposto di spostare la prostituzione in zone periferiche, circoscritte e ad essa dedicate, scelte a rotazione. Per molti si tratta di istituire quartieri a luci rosse a macchia di leopardo al fine di distribuire a turno il disagio sociale del mercato del sesso che ora grava su punti fissi della città.
La proposta della Casa per i trans è spiegata da un esponente del Mit, Marcella Di Folco. L’idea parte dall’osservazione che per i transessuali è necessario l’istituzione di una struttura specifica, mentre fino ad oggi essi sono stati assistiti in quelle esistenti per prostitute. «Occorre una struttura destinata in modo esclusivo ai trans. Può essere realizzata in città o comunque nelle vicinanze — ha detto la Di Folco —. Noi abbiamo presentato la richiesta e siamo fiduciosi. Puntiamo a un centro di accoglienza e assistenza che raccolga trans da tutt’Italia, e pensiamo che saranno giovani stranieri i più interessati a liberarsi dallo sfruttamento al quale sono sottoposti ».
Se il Comune sceglierà di appoggiare concretamente l’iniziativa, i trans troverebbero vitto, alloggio e aiuto all’inserimento nel mondo del lavoro per ricostruirsi una vita. Forse sulla valenza nazionale del progetto potrebbero appuntarsi le polemiche più insistenti, in relazione ad un effetto calamita e quindi al lievitare dei costi. Tra i potenzialmente favorevoli però si farà sicuramente notare che ogni persona sottratta al mondo della prostituzione è un passo di migliore convivenza per tutta la collettività. In Emilia-Romagna è già attiva da alcuni anni un’iniziativa chiamata «Oltre la strada» che ha dato buoni risultati.
Contro l’idea delle zone a luci rosse individuate con un criterio di turnazione si sono dichiarati in molti, facendo notare che la legislazione attuale vieta simili iniziative. Tra i più duri don Oreste Benzi, il prete che da anni si batte contro la prostituzione. Assumendo il criterio dell’aiuto al riscatto, è evidente che l’eventuale scelta del Comune per i trans dovrebbe essere accolta con favore. Anche perché la pressione della prostituzione, nelle sue varie forme, è diventata ormai insopportabile, tanto da avere indotto le autorità di polizia a raffiche di contravvenzioni ai clienti che, in auto, contattando le lucciole, intralciano il traffico.