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sabato 30 giugno 2007

si riapre il caso kennedy


A sinistra, la pallottola usata per l'esperimento
A destra due proiettili utilizzati per il confronto


La perizia della ditta italiana
che produsse l’arma del delitto.
Oswald non può aver colpito
Kennedy da quella distanza
perciò non era l’unico killer
VINCENZO TESSANDORI
La verità esiste, solo il falso dev’essere inventato diceva il pittore Georges Braque. La verità è che quel 22 novembre 1963, un venerdì nero pece, venne teso un agguato mortale a John Fitzgerald Kennedy, 46 anni, trentacinquesimo presidente degli Stati Uniti, cattolico e ricco. Gli spararono mentre su un’auto scoperta percorreva un viale alberato a Dallas, in Texas. Con un fucile di precisione Carcano modello 91/38 matricola C2766, calibro 6.5, prodotto dalla Regia fabbrica d’armi di Terni. Forse è stato inventato, dunque è falso gran parte di quanto è stato detto, scoperto, raccontato in seguito sul complotto che «sconvolse il mondo» tanto che la radio sovietica sospese i programmi e concluse le trasmissioni del giorno con una marcia funebre. Mafia, servizi cubani, traditori: chi il colpevole?

La commissione presieduta dal giudice Earl Warren stabilì che furono esplosi tre colpi in 7 secondi: un test compiuto nel poligono di Terni sotto la supervisione di ufficiali dell’esercito, informa l’Ansa, ha stabilito che quel fucile può spararne uno ogni 5. Conclusione: è stata raggiunta la prova che almeno un altro fucile fece fuoco. Chi lo imbracciava?

Allora venne catturato un ex marine di 24 anni, Lee Harvey Oswald, uno senza arte né parte, si disse, poi gli vennero scoperte troppe arti e troppe parti, una, soprattutto, inquietante: secondo Waggoner Carr, consulente legale della commissione Warren, dal 1962 all’assassinio del presidente, Oswald sarebbe stato agente segreto dell’Fbi con una paga mensile di 200 dollari. Dissero che aveva sparato da una finestra al sesto piano di un deposito di libri. Un proiettile attraversò la gola di JFK, che con la moglie Jacqueline occupava il sedile posteriore, e poi colpì il governatore John Connally, seduto davanti. Quella pallottola, trovata intatta sulla barella di Connally, venne definita magic bullet. Il secondo centrò al capo il presidente e lo uccise. L’ultimo fallì il bersaglio, forse ferì un passante.

Impossibile, si sottolinea, che colpite due persone, una pallottola sparata da 80 metri rimanga intatta come il magic bullet: nel test di Terni, autorizzato dal Comando Logistico dell’Esercito, è stato fatto fuoco contro due blocchi di carne e il proiettile ne è uscito deformato. Non solo, ma se avesse centrato la testa del presidente il Carcano calibro 6.5 l’avrebbe passata da parte a parte: al contrario, non venne trovato foro d’uscita. Spiegazione degli esperti Usa? Il proiettile si è disintegrato. Possibile? A questo mondo tutto è possibile, ma a Terni sostengono come un fenomeno del genere «assai raro con le pallottole standard del Carcano» possa verificarsi se «i proiettili sono stati incisi da mani esperte». Allora, un secondo uomo. Accovacciato sotto un albero della grassy knoll, a 30 metri dal corteo presidenziale, avrebbe fatto fuoco lui e lo scempio sul corpo del presidente sarebbe compatibile con il tipo di proiettili rinvenuti.

E c’è un altro fatto singolare: da un documento del Sifar, come allora si chiamava il nostro servizio segreto militare, la commissione Warren avrebbe ricavato la convinzione che il Carcano modello 91/38 fosse un pezzo unico. Ma dagli archivi americani spunta un dispaccio inviato a Washington dagli agenti Cia a Roma secondo cui Giulio Andreotti, ministro della Difesa, commissionò al «Depatron Service» un rapporto sul Carcano di Dallas. E il documento conterrebbe notizie differenti da quelle sostenute nel rapporto Warren. L’informativa è siglata da William K. Harwey, capo della Cia in Italia, per anni cervello dell’Executive Action, creato a Langley per programmare l’eliminazione di leader stranieri: nella lista Trujillo, Lumumba, Fidel Castro. Evidentemente JFK non approvava tali sistemi e, pochi mesi prima dell’attentato, mister Harwey era stato «esiliato» a Roma.

Un altro punto non chiaro è come fosse finito nella mani di Oswald il fucile Carcano. Forse lui lo avrebbe raccontato, ma venne freddato da tale Jack Ruby, uno borderline col codice penale, morto più tardi, per malattia. Ma sì, in fondo «la verità esiste»